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Gli innamorati - 1950-51

autore: Carlo Goldoni
regia: Giorgio Strehler
scene: Gianni Ratto
costumi: Ebe Colciaghi
    


Appunti di regia Gli innamorati 1950

Riflessioni postume del regista sull'allestimento degli Innamorati di Goldoni andati in scena nella stagione 1950-1951. Trascrizione di un colloquio di Giorgio Strehler con Arturo Lazzari, stagione 1974-1975, inedito dattiloscritto conservato nell'Archivio del Piccolo Teatro di Milano

Note di regia su Gli innamorati di Carlo Goldoni

 

Gli innamorati è stato uno dei testi attraverso i quali si è mossa la nostra indagine teatrale su Goldoni: se consideriamo le opere goldoniane rappresentate da noi, dall’Arlecchino servitore di due padroni fino alla Trilogia della villeggiatura, possiamo riscontrare una specie di diagramma cronologico, che corrisponde anche ad una evoluzione storica di Goldoni scrittore: quest’opera di indagine si è svolta infatti attraverso delle tappe e parte dal Goldoni della Commedia dell’Arte fino ad arrivare al Goldoni realistico dell’ultimo periodo.

 

Sul palcoscenico del Piccolo Teatro noi abbiamo cioè seguito nel tempo lo stesso sviluppo che Goldoni ha seguito come scrittore nella sua parabola di vita, partendo cioè dalla Commedia dell’Arte per giungere al realismo. È un approccio discutibile se vogliamo, ma Goldoni è un autore drammatico che è partito da posizioni non realistiche e attraverso un lavoro che è durato tutta la vita, ha conquistato la dimensione della realtà, con Le baruffe chiozzotte, con La trilogia della villeggiatura e con I Rusteghi, per esempio.

Ora, Gli innamorati rappresenta un po’ la seconda tappa, il passaggio dalla Commedia dell’Arte alla riforma, il testo che a noi storicamente è parso una delle svolte di Goldoni verso la commedia realistica. Si tratta già di una commedia di caratteri.

 

In rapporto al gioco gratuito dell’Arlecchino servitore di due padroni e di altre commedie di un certo periodo storico, con Gli innamorati entriamo in un’indagine più precisa sull’uomo: mancano ancora le dilatazioni universali, mancano ancora i nessi storici fra l’uomo e il suo ambiente, la sua società, perché Goldoni era un uomo del Settecento. Però già prende avvio qui un’indagine estremamente più concreta dell’essere umano, non più maschera, non più carattere (cioè maschera senza maschera), ma uomo nelle sue molteplici contraddizioni. Gli innamorati è una commedia i cui personaggi si muovono in perenne contraddizione con se stessi e fra loro, in cui la dialettica di un fatto vitale comincia a prendere corpo e sostanza.

 

Naturalmente tutto questo ragionamento è fatto più a posteriori che a priori: direi che quando tutto ciò avveniva, avveniva più per un moto spontaneo che per un moto ragionato. Gli innamorati di Goldoni furono rappresentati con una scena che era tendenzialmente ancora la scena classica fissa della Commedia dell’Arte, ma che aveva già acquistato una certa concretezza di oggetti e di cose che si muovevano in scena. La scenografia tuttavia era ancora di tipo pittorico, non era ancora tendenzialmente realistica; era piuttosto una scena tendenzialmente stilizzata ed anche nella recitazione degli attori il modulo sul quale ci muovemmo oscillava fra il ritmo della Commedia dell’Arte e un approfondimento psicologico dei singoli personaggi. È su questa falsariga che noi abbiamo recitato Gli innamorati di Goldoni.

 

 

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